Migrante indiano lavora in una serra © Valerio Rinaldi
Dal sito di
Amnesty International, che ringraziamo e a cui diamo tutto il nostro
sostegno:
http://www.amnesty.it/italia-rapporto-sullo-sfruttamento-dei-lavoratori-migranti-in-agricoltura""""""""""Italia:
rapporto di Amnesty International sullo sfruttamento dei lavoratori migranti
nell'agricoltura
CS147: 18/12/2012
L'Italia deve rivedere le politiche
che contribuiscono allo sfruttamento dei lavoratori migranti e che violano il
loro diritto a condizioni di lavoro giuste e favorevoli e all'accesso alla
giustizia.
Lo ha dichiarato oggi Amnesty International, pubblicando un
rapporto sullo sfruttamento dei lavoratori migranti nel settore agricolo
italiano. Il rapporto si concentra su gravi forme di sfruttamento dei lavoratori
migranti provenienti da paesi dell'Africa subsahariana, dell'Africa del Nord e
dell'Asia, impiegati in lavori poco qualificati, spesso stagionali o temporanei,
per lo più nel settore agricolo delle province di Latina e Caserta.
Il
rapporto sottolinea comunque che lo sfruttamento dei lavoratori migranti è
diffuso in tutto il paese.
"Nell'ultimo decennio le
autorità italiane hanno alimentato l'ansia dell'opinione pubblica sostenendo che
la sicurezza del paese è minacciata da un'incontrollabile immigrazione
'clandestina', giustificando in questo modo l'adozione di rigide misure che
hanno posto i lavoratori migranti in una situazione legale precaria, rendendoli
facili prede dello sfruttamento" - ha dichiarato Francesca Pizzutelli,
ricercatrice del Segretariato Internazionale di Amnesty International e autrice
del rapporto.
"Il controllo dell'immigrazione può
costituire un interesse legittimo di ogni stato, ma non dev'essere portato
avanti a danno dei diritti umani di coloro che si trovano nel suo territorio,
lavoratori migranti inclusi" - ha sottolineato Pizzutelli.
"L'esito di tutto questo, spesso, per i lavoratori migranti
consiste in paghe ben al di sotto del salario concordato tra le parti sociali,
riduzioni arbitrarie dei compensi, ritardato o mancato pagamento, lunghi orari
di lavoro. Si tratta di un problema diffuso e sistematico" - ha aggiunto
Pizzutelli.
Le attuali politiche italiane intendono controllare il numero
dei migranti stabilendo delle quote d'ingresso per tipi diversi di lavoratori e
rilasciando permessi sulla base di un contratto scritto. Queste quote, tuttavia,
sono molto inferiori all'effettivo fabbisogno di lavoratori migranti.
Questo sistema, oltre a essere inefficace e a prestarsi ad abusi,
incrementa il rischio di sfruttamento del lavoro dei migranti.
I datori
di lavoro preferiscono assumere lavoratori già presenti in Italia a prescindere
dalle quote d'ingresso fissate dal governo.
Alcuni lavoratori possono
avere il permesso già scaduto mentre altri possono aver ottenuto il visto
d'ingresso attraverso intermediari ma non riescono poi a ottenere il permesso di
soggiorno.
In questo modo, molti lavoratori migranti finiscono per
trovarsi senza documenti che ne attestino la presenza regolare in Italia e
rischiano l'espulsione.
La legislazione italiana, inoltre, ha introdotto
il reato di "ingresso e soggiorno illegale", stigmatizzando così i lavoratori
migranti irregolari, alimentando la xenofobia e la discriminazione nei loro
confronti.
Questa legislazione pone i lavoratori migranti nella
condizione di non poter chiedere giustizia per salari inferiori a quanto
concordato, per il mancato pagamento o per essere sottoposti a lunghi orari di
lavoro. La prospettiva, per molti di loro, è che se denunciano lo sfruttamento
vengono arrestati ed espulsi a causa del loro status irregolare.
"Le autorità italiane dovrebbero modificare le politiche in
materia d'immigrazione concentrandosi prima e soprattutto sui diritti dei
lavoratori migranti, indipendentemente dal loro status migratorio, garantendo
loro un efficace accesso alla giustizia, istituendo meccanismi sicuri e
accessibili per i lavoratori migranti che intendono presentare esposti e denunce
contro i datori di lavoro, senza timore di essere arrestati ed espulsi" -
ha concluso Pizzutelli.
Ulteriori
informazioni
All'inizio del 2011 la presenza di cittadini
stranieri in Italia era stimata intorno ai 5,4 milioni, circa l'8,9 per cento
della popolazione. Circa 4,9 milioni di cittadini stranieri hanno documenti in
regola che li autorizzano a stare in Italia. Si stima che vi sia circa mezzo
milione di lavoratori migranti privi di documenti validi, ossia migranti
irregolari.
Lo sfruttamento del lavoro dei lavoratori migranti nei
settori dell'agricoltura e dell'edilizia in parecchie zone dell'Italia
meridionale è diffuso. Essi ricevono paghe inferiori di circa il 40 per cento, a
parità di lavoro, rispetto al salario italiano minimo concordato tra le parti
sociali e lavorano un maggior numero di ore. Le vittime dello sfruttamento del
lavoro sono migranti africani e asiatici e, in alcuni casi, cittadini
dell'Unione europea (soprattutto bulgari e rumeni) e cittadini di paesi
dell'Europa orientale che non fanno parte dell'Unione europea (tra cui gli
albanesi).
Lavoratori migranti indiani e africani, impiegati nelle zone
di Latina e Caserta, hanno parlato con Amnesty International in condizioni di
anonimato:
"I primi quattro anni dopo essere
arrivato in Italia ho lavorato in una fabbrica che confeziona cipolle e patate
per l'esportazione. Mi pagavano 800 euro al mese per 12-14 ore di lavoro al
giorno. Il datore di lavoro mi diceva sempre che se avessi lavorato duro e bene,
mi avrebbe fatto avere i documenti, ma non l'ha mai fatto."
("Hari")
"Lavoro 9-10 ore al giorno dal lunedì
al sabato, poi cinque ore la domenica mattina, per tre euro l'ora. Il datore di
lavoro mi dovrebbe pagare 600-700 euro al mese; io contavo di mandare 500 euro
al mese a mio padre in India. Negli ultimi sette mesi, però, il datore di lavoro
non mi ha pagato il salario intero. Mi dà solo 100 euro al mese per le spese.
Non posso andare alla polizia perché non ho documenti: mi prenderebbero le
impronte e dovrei lasciare l'Italia." ("Sunny")
"Quando non hai i documenti ti danno solo 'lavoro nero', che è
mal pagato. Prendiamo dai 25 ai 30 euro al giorno per otto o nove ore di lavoro
[2.75-3.75 euro l'ora]. Ma quando ci facciamo male non prendiamo niente."
("Ismael")
"Quando il datore di lavoro non
paga, che cosa puoi fare per avere il denaro? Senza documenti, come puoi andare
alla polizia? Senza documenti, sei espulso. Ma non hai fatto niente di
male...". ("Jean-Baptiste")
FINE DEL COMUNICATO Roma, 18 dicembre
2012
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